Questo articolo è il secondo articolo in una seria sul sonno.
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Ti sei mai chiesto cosa succede quando dormiamo? Questo articolo è per chi vuole approfondire la fisiologia del sonno e della veglia.
Anche se abbiamo imparato molto dalla ricerca scientifica in questo ambito, lo stato di sonno resta qualcosa di magico. È uno stato di incoscienza, ma a differenza del coma o dell’anestesia, il sonno è volontario e fisiologico. Lungi dall’essere uno stato passivo, è stato riscontrato che durante il sonno il corpo rimane molto attivo: impiegato nella riparazione, alla crescita e alla rigenerazione.
Ad esempio, quando andiamo in palestra la crescita dei muscoli non avviene durante l’esercizio fisico in se, ma durante il sonno: è qui che entriamo nella fase anabolica in cui i muscoli possono ripararsi e crescere [R]. Lo stesso vale per il metabolismo e il sistema immunitario [R][R]: il sonno rappresenta un processo fondamentale in cui le cellule, gli organelli, le proteine e altri componenti danneggiati vengono rimossi e riciclati. Ciò contribuisce a mantenere al minimo l’infiammazione cronica e lo stress ossidativo in eccesso, in modo che il corpo possa continuare a funzionare in modo ottimale oltre a ridurre significativamente il rischio di sviluppare problemi di salute come le malattie croniche [R][R].
Anche il sistema nervoso entra in uno stato di riparazione e rigenerazione. Non solo il sistema linfatico del cervello elimina i rifiuti metabolici e le altre tossine durante il sonno [R], ma è anche un momento di consolidamento della memoria e di ‘potatura neuronale’ in cui avviene una selezione attiva dei ricordi da conservare e di quelli da eliminare [R].
E non dimentichiamo gli ormoni: uno dei fattori determinanti per avere ormoni equilibrati è un sonno adeguato. È notevole quante persone assumano integratori per aumentare il testosterone, per equilibrare gli estrogeni o per ridurre il cortisolo o l’insulina senza prima prestare attenzione alla qualità del sonno. Gli ormoni equilibrati non sono solo il risultato di un buon sonno, ma contribuiscono anche ad esso rispondendo ai segnali che provengono dall’ambiente: per esempio il rapporto tra il cortisolo del giorno e la melatonina di notte [R] che lega gli esseri viventi al ritmo giorno/notte della terra.
Gli stadi del sonno
Quando dormiamo esistono fasi distinte che sono state caratterizzate da misurazioni EEG che mostrano onde cerebrali diverse. Lo stato di veglia è caratterizzato da onde beta e dalla vigilanza (o alfa nello stato di rilassamento o meditazione), mentre lo stadio 1 è una fase breve di dormiveglia caratterizzata da onde theta. Nel secondo stadio si assiste a un sonno più profondo con la comparsa sull’EEG dei cosiddetti fusi del sonno e complessi K, mentre nel terzo stadio il sonno è ancora più profondo e le onde cerebrali sono più lente, ovvero delta.
Dopo i tre stadi non-REM, l’organismo entra nello stato di sonno REM, che è uno stato più attivo ed è caratterizzato da una stimolazione cerebrale maggiore, in cui riscontriamo le onde beta e i sogni. REM è l’acronimo di rapid eye movement (movimento rapido degli occhi), e in effetti sono solo gli occhi e i muscoli polmonari a continuare a funzionare, mentre il resto della muscolatura viene temporaneamente inattivata presumibilmente per facilitare la riparazione e per evitare di farsi male con l’aumenti dei movimenti. Questa fase è fondamentale per i benefici rigenerativi del sonno ma non è riposante come il sonno profondo dello stadio 3 [R].
Caratteristiche importanti della fase REM [R]:
- Associato al sogno e a movimenti muscolari irregolari, nonché a rapidi movimenti degli occhi.
- Le persone tendono a svegliarsi spontaneamente al mattino durante un episodio di sonno REM
- Perdita del tono motorio, aumento dell’utilizzo di O2 a livello cerebrale, aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna.
- Aumento dei livelli di acetilcolina.
- Il cervello è molto attivo durante il sonno REM, con un aumento del metabolismo cerebrale fino al 20%.
Cos’è il ritmo circadiano e come viene regolato?
circadiano = circa + diem = circa un giorno
Il ritmo circadiano è un ciclo giornaliero tra veglia e sonno che viene definito principalmente dalla luce del sole e dal buio della sua assenza. In quanto siamo abitanti del pianeta terra, la nostra fisiologia è strettamente legata a questo ciclo giorni-notte di 24 ore e alle variazioni stagionali. Quando la luce entra nella retina, un segnale passa all’orologio interno, il nucleo soprachiasmatico (SCN) che diventa più attivo e a sua volta stimola altri gruppi discreti di neuroni che proiettano a diverse zone del cervello stimolando la veglia. Gli ormoni e i neurotrasmettitori portano questo segnale in tutto il corpo, legando ogni cellula a questo ritmo circadiano che poi avviene localmente attraverso l’interazione delle proteine CLOCK e BMAL. In effetti, gli esperimenti hanno dimostrato che le cellule prelevate dal corpo e mantenute in vita in laboratorio mantengono questo ritmo circadiano per circa 3 giorni da soli, e inoltre intorno il 20% del nostro genoma è sotto controllo di questo ritmo circadiano – gran parte di esso impiegato nel metabolismo e nel’immunità.
Durante il giorno, i neurotrasmettitori eccitatori come il glutammato, l’orexina, l’istamina, la noradrenalina e la dopamina permeano il cervello e inibiscono l’attività del VLPO, un gruppo di neuroni dell’ipotalamo associato all’induzione del sonno. Una di queste zone è il PVN dell’ipotalamo: secerne il CRF che a sua volta innesca il rilascio di ACTH e poi il cortisolo dalle ghiandole surrenali contribuendo al risveglio. Con il passare del giorno i livelli cortisolo diventano sempre più bassi per poi essere sostituiti dalla melatonina durante la notte.
Fonte dell’immagine [R]
Durante il buio, l’assenza di luce inibisce il SCN e insieme a quantità elevate di adenosina e prostaglandina D2, si attiva il VLPO che inibisce tante altre zone tra cui il TMN, un altro gruppo discreto di neuroni nell’ipotalamo. Questo equilibrio tra il VLPO e il TMN viene spesso definito ‘l’interruttore del sonno’ e queste due zone si inibiscono reciprocamente. Durante il giorno, il TMN è più attivo, stimolando altri centri con l’istamina e inibendo il VLPO con il GABA, mentre di notte il VLPO diventa più attivo e inibisce il TMN insieme alle altre zone tra cui il locus coeruleus e l’ipotalamo laterale.
Altri fattori che influenzano il ritmo circadiano
Hai mai chiesto perché il caffè ci tiene svegli e alcuni farmaci antistaminici ci rendono sonnolenti? O perché l’attività fisica è così importante per migliorare la qualità del sonno? O anche perché nei momenti stressanti il sonno sembra impossibile? In realtà ci sono molti altri fattori oltre all’esposizione alla luce che influiscono sul ritmo circadiano e di conseguenza, sulla qualità del sonno. Per primo come menzionato, c’è l’adenosina, una molecola che si accumula durante il giorno come sottoprodotto del metabolismo energetico e insieme alla prostaglandina D2 si attiva il VLPO causando sonnolenza. Infatti il modo in cui il caffè funziona per favorire la veglia è in parte tramite l’inibizione dell’adenosina, ed è per questo motivo che l’eliminazione della caffeina pomeridiana insieme all’aumento dell’attività fisica durante il giorno contribuiscono a un sonno migliore.
Ma che dire dell‘istamina? Sebbene l’istamina sia riconosciuta come il protagonista delle allergie, nel sistema nervoso centrale funge come potente neurotrasmettitore che stimola la veglia. Quindi tutto ciò che può incidere sull’istamina cerebrale si ripercuote anche sul sonno, ad esempio lo stress e in particolare la necessità di difendersi. La prima generazione dei farmaci antistaminici causano sonnolenza proprio per questo: attraversano la barriera emato-encefalica e riducono l’effetto dell’istamina legando la recettore H1, e a volte ancora oggi vengono prescritti dai medici proprio per favorire il sonno.
Altri neurotrasmettitori da menzionare includono il glutammato e la dopamina che aumentano nei momenti di stress e aumentano lo stato di veglia, mentre la serotonina ha un effetto più modulatorio. Può stimolare la veglia in alcune situazioni, ma è anche il precursore della melatonina e ha inoltre alcune proprietà che favoriscono il sonno.
Anche l’orexina e la noradrenalina sono potenti stimolatori della veglia, secreti rispettivamente dall’ipotalamo laterale e dal locus coeruleus. Sono coinvolte nella veglia fisiologica, ma anche nella risposta a fattori di stress come la fame, la sete, l’ipoglicemia e lo stress psicologico. E quando parliamo di stress, la risposta più conosciuta è quella sopra citata – l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che risulta nell’aumento di cortisolo nonché adrenalina dalla via nervosa. Ma il CRF fa altro: stimola anche il rilascio di noradrenalina dal locus coeruleus e di istamina dai mastociti che aumentano ulteriormente lo stato di veglia. Sebbene questa risposta sia fisiologica durante il giorno nonché necessario nell’affrontare dei momenti di pericolo, non è assolutamente gradita di notte quando vogliamo dormire. Il senso è chiaro però: rimanere svegli nei momenti di pericolo aveva un vantaggio sulla sopravvivenza nel corso dell’evoluzione, ma ai giorni di oggi quando i fattori di stress sono più cronici, ad esempio problemi famigliari,al lavoro o di natura economico, questa risposta poi diventa controproduttiva, perché è proprio il sonno che ci serve per ricaricarsi per poi affrontare meglio questi tipi di problemi.
Dall’altra parte c’è il GABA e la melatonina. Il GABA è generalmente calmante ed è il nostro neurotrasmettitore inibitorio più diffuso che agisce su tante zone del cervello durante il sonno. Anche la melatonina è nota per indurre il sonno, sebbene il suo uso come integratore per il sonno è discutibile. La melatonina viene rilasciata dalla ghiandola pineale in risposta al buio e inibisce molte zone del cervello tra cui l’ipotalamo laterale per ridurre l’attività dell’orexina e anche l’SCN. Sebbene la melatonina è meglio conosciuta in relazione al sonno e alla ghiandola pineale, ha molte altre funzioni importanti come stimolare processi di riparazione dei tessuti insieme all’ormone della crescita umano, che viene rilasciato in quantità maggiori durante la notte. Infine, non solo la ghiandola pineale, ma anche i mitocondri producono un gran parte della melatonina, dove agisce come importante antiossidante e regolatore.
Il ritmo circadiano viene anche influenzato dagli orari in cui si mangia, ma l’effetto tende a essere più localizzato, ad esempio sul fegato che risponde direttamente ai pasti. Detto questo però, alcuni studi hanno rilevato effetti globali, per esempio nel mangiare tardi, che può avere un effetto negativo sulla fisiologia tramite cambiamenti ormonali. Uno studio crossover randomizzato del 2022 [R] ha rilevato che mangiare tardi comporta una riduzione della leptina, che è stato correlato all’obesità grazie al suo effetto sul metabolismo e sulla riduzione del senso di sazietà. La leptina è anche coinvolta nel sonno, poiché è stato dimostrato di inibire l’orexina.
L’effetto dello stress sul sonno dal punto di vista evolutivo
Abbiamo visto che i due fattori principali che sono in grado di modificare il ritmo del sonno sono il rapporto luce/buio e anche lo stress. Lo stress infatti, è in grado di tenerci svegli anche quando siamo stanchissimi. E per quanto può essere fastidioso, ha un senso importantissimo dal punto di vista dell’evoluzione – cioè di proteggerci dai pericoli anche quando dormiamo. La capacità di svegliarsi per poi affrontare eventuali attacchi o altri pericoli nella notte è uno dei motivi per cui l’uomo ha sopravvissuto fino ad oggi. Ma perché non siamo evoluti per dormire di meno? È curioso che dopo migliaia di anni di evoluzione, ancora passiamo circa un terzo della nostra vita a dormire, nonostante lo stato di sonno sia uno stato vulnerabile. Invece di favorire un fabbisogno di sonno minore, l’evoluzione ha mantenuto la necessità fisiologica di dormire 7-8 ore ogni notte dandoci invece un sistema di allarme interno in grado di svegliarci in caso dei pericoli.
Questo dimostra non solo l’importanza del sonno, ma anche che l’evoluzione non è una questione di soluzioni perfette, ma di compromessi che comportano un vantaggio – il cosiddetto costo biologico. Per mantenere i benefici complessivi del sonno, ci sono momenti in cui il sonno viene sacrificato. E quindi, quando si tratta di disturbi di sonno, è proficuo chiedersi soprattutto perché: qual’è la causa di fondo che innesca questa situazione. E per questo indagine, un approccio naturopatico rappresenta uno strumento validissimo.
Questo articolo è il secondo articolo in una seria sul sonno. Leggi il terzo qui: